Prendete un copywriter e fatevelo amico. Per questo sarà sufficiente che passiate dal suo ufficio, inspiriate l’aria e diciate: “sento un profumo familiare, di biscottini, che mi ricorda molto l’infanzia”. Quando gli si illuminerà il volto e vi citerà la madeleine di Proust, assecondatelo, anche se l’unico francese che conoscete con un nome del genere è Alain Prost, ex pilota di formula 1, e l’odore che sentite in realtà è puzza di piedi.
Sorbitevi per almeno un’ora la pedante disquisizione su “Alla ricerca del tempo perduto”, dopodichè per uscire da quella tormentosa situazione mollate un peto silenzioso e dite: “ma non senti ancora il profumo della madeleine?” Il copywriter entrerà in conflitto con se stesso: in cuor suo vorrebbe proseguire la conversazione su Proust e confessarvi che ha appena venduto un rene per acquistarne l’opera omnia pubblicata nei Meridiani, ma fatica ad associare il tanfo intestinale sopraggiunto con il profumo idealizzato della madeleine proustiana. Approfittate della sua schizofrenia per cambiare argomento. Mostratevi (fintamente) sorpresi per il fatto che un fine intellettuale come lui non abbia mai pensato di pubblicare un romanzo. Osservate il suo improvviso rossore, dopodichè aspettate che vi dica in confidenza che in realtà anche lui ha un ibro nel cassetto: un romanzo interiore che parla di quanto sia difficile la vita per una persona che ha subito nell’infanzia un trauma profondo come l’asportazione di una pellicina vicino a un’unghia. Dimostratevi increduli quando vi confesserà che il suo romanzo è stato rifiutato da tutte le case editrici. Rincuoratelo subito: ditegli che era troppo in anticipo rispetto ai tempi, e che adesso potrebbe essere il momento giusto. Convincetelo a riprovarci, ma consigliatelo di presentare il suo manoscritto di persona. Insomma, speditelo presso tutte le case editrici per farsi umiliare. Approfittate della sua assenza per fare due cose: mischiare a caso i nomi russi nei due libri di Dostoevskij che tiene in ufficio (cosìcché della trama, già di per sé impossibile, non si capirà più un accidente) e cambiare posizione ai tasti del computer che usa per lavorare. Quando tornerà in ufficio reduce dal disastroso tour presso le case editrici, fingete di rincuorarlo. Ditegli che il mondo è ingiusto. Portategli a riprova il fatto che riesca a pubblicare uno come Lorenzo Marini, un art director. Instillategli nella testa il tarlo che purtroppo siamo nell’era dell’immagine. Aumentate la sua frustrazione chiedendogli come mai (1) gli art cuccano più dei copy – se è un uomo – , (2) le art sono più fighe delle copy – se è una donna (non è vero, si fa per dire, avete capito care le mie care copy che leggete questo blog, n.d.r.). Infine salutatelo e aspettate che si rimetta al lavoro. Nel giro di una settimana verrà a cercarvi mendicando aiuto. Vi confesserà che le sue capacità intellettuali si sono disintegrate: non riesce più a capire un tubo dei Fratelli Karamazov e quando rilegge le cose che scrive al computer gli sembra di essere dislessico. Accompagnatelo all’ospedale a farsi una Tac e, dopo che i dottori gli diranno che non è afasico, ma solo un poco rincoglionito, ribaditegli il fatto che avevate ragione voi: siamo nell’epoca dell’immagine e lui come specie si sta evolvendo al contrario: sta diventando analfabeta. A questo punto sarà quasi completamente in vostre mani, ma per vincere le sue ultime resistenze dovrete avere ancora un poco di pazienza: aspettate giugno e invitatelo al Festival di Cannes. Quando sarete lì fategli vedere le centinaia di lavori entrati in shortlist nella sezione Press and Poster e ditegli: “ora trovami un titolo!” Lo ritroverete dopo un’ora a vagare nel Palais, in lacrime e senza meta. Rivolgetevi a lui con parole qualsiasi. Se risponderà esprimendosi come un SMS, state pur certi che siete riusciti nella vostra impresa.
Prendete un copywriter e fatevelo amico. Per questo sarà sufficiente che passiate dal suo ufficio, inspiriate l’aria e diciate: “sento un profumo familiare, di biscottini, che mi ricorda molto l’infanzia”. Quando gli si illuminerà il volto e vi citerà la madeleine di Proust, assecondatelo, anche se l’unico francese che conoscete con un nome del genere è Alain Prost, ex pilota di formula 1, e l’odore che sentite in realtà è puzza di piedi.
Sorbitevi per almeno un’ora la pedante disquisizione su “Alla ricerca del tempo perduto”, dopodichè per uscire da quella tormentosa situazione mollate un peto silenzioso e dite: “ma non senti ancora il profumo della madeleine?” Il copywriter entrerà in conflitto con se stesso: in cuor suo vorrebbe proseguire la conversazione su Proust e confessarvi che ha appena venduto un rene per acquistarne l’opera omnia pubblicata nei Meridiani, ma fatica ad associare il tanfo intestinale sopraggiunto con il profumo idealizzato della madeleine proustiana. Approfittate della sua schizofrenia per cambiare argomento. Mostratevi (fintamente) sorpresi per il fatto che un fine intellettuale come lui non abbia mai pensato di pubblicare un romanzo. Osservate il suo improvviso rossore, dopodichè aspettate che vi dica in confidenza che in realtà anche lui ha un ibro nel cassetto: un romanzo interiore che parla di quanto sia difficile la vita per una persona che ha subito nell’infanzia un trauma profondo come l’asportazione di una pellicina vicino a un’unghia. Dimostratevi increduli quando vi confesserà che il suo romanzo è stato rifiutato da tutte le case editrici. Rincuoratelo subito: ditegli che era troppo in anticipo rispetto ai tempi, e che adesso potrebbe essere il momento giusto. Convincetelo a riprovarci, ma consigliatelo di presentare il suo manoscritto di persona. Insomma, speditelo presso tutte le case editrici per farsi umiliare. Approfittate della sua assenza per fare due cose: mischiare a caso i nomi russi nei due libri di Dostoevskij che tiene in ufficio (cosìcché della trama, già di per sé impossibile, non si capirà più un accidente) e cambiare posizione ai tasti del computer che usa per lavorare. Quando tornerà in ufficio reduce dal disastroso tour presso le case editrici, fingete di rincuorarlo. Ditegli che il mondo è ingiusto. Portategli a riprova il fatto che riesca a pubblicare uno come Lorenzo Marini, un art director. Instillategli nella testa il tarlo che purtroppo siamo nell’era dell’immagine. Aumentate la sua frustrazione chiedendogli come mai (1) gli art cuccano più dei copy – se è un uomo – , (2) le art sono più fighe delle copy – se è una donna (non è vero, si fa per dire, avete capito care le mie care copy che leggete questo blog, n.d.r.). Infine salutatelo e aspettate che si rimetta al lavoro. Nel giro di una settimana verrà a cercarvi mendicando aiuto. Vi confesserà che le sue capacità intellettuali si sono disintegrate: non riesce più a capire un tubo dei Fratelli Karamazov e quando rilegge le cose che scrive al computer gli sembra di essere dislessico. Accompagnatelo all’ospedale a farsi una Tac e, dopo che i dottori gli diranno che non è afasico, ma solo un poco rincoglionito, ribaditegli il fatto che avevate ragione voi: siamo nell’epoca dell’immagine e lui come specie si sta evolvendo al contrario: sta diventando analfabeta. A questo punto sarà quasi completamente in vostre mani, ma per vincere le sue ultime resistenze dovrete avere ancora un poco di pazienza: aspettate giugno e invitatelo al Festival di Cannes. Quando sarete lì fategli vedere le centinaia di lavori entrati in shortlist nella sezione Press and Poster e ditegli: “ora trovami un titolo!” Lo ritroverete dopo un’ora a vagare nel Palais, in lacrime e senza meta. Rivolgetevi a lui con parole qualsiasi. Se risponderà esprimendosi come un SMS, state pur certi che siete riusciti nella vostra impresa.
Comments (2)
io ti adoro
Be’, anch’io mi adoro.
Vedi quante cose abbiamo già in comune 😉