P.S. (Pensieri Sparsi). Lo stato dell’arte.

Venerdì scorso Pasquale Barbella ha postato su Facebook un suo lavoro di una trentina di anni fa:

“Ecco perché Pirella è più bravo di Barbella”.

Si tratta di un annuncio famoso, almeno fra gli addetti ai lavori. Barbella l’aveva scritto perché ai tempi si iniziava a parlare di pubblicità comparativa; aveva scelto Pirella come termine di paragone perché si stimavano ed erano amici.

Seguono un po’ di commenti, fra cui ne spicca uno di Pasquale Diaferia che scrive:

“Per avere lo stato dell’arte, la versione attuale è: Ecco perché Mizio è meglio di Guastini (ma anche il primo non è granché)”.

Ora, non ci vuole molto per capire che il commento vuole essere tutt’altro che lusinghiero. Il concetto che Pasquale Diaferia esprime implicitamente è questo: che tempi tristi e decadenti sono quelli in cui siamo rappresentati da direttori creativi del calibro di Mizio e di Guastini.

Negli ultimi tempi si sta ripetendo sempre più spesso uno strano fenomeno che Hilija ha sintetizzato così: Il mio capo dà fastidio alle persone anche quando dorme. La sua tesi è che, nonostante io abbia un carattere schivo e da buon ligure sia portato a farmi gli affari miei, c’è qualcosa nella mia deriva karmica che mi rende insopportabile agli occhi degli altri. Un altro esempio è un commento anonimo pubblicato su Badavenue il 29 novembre dove un certo Ci siete tutti? scrive:

“Ma che bello! Fabio Palombo, Giovanni Pagano, Massimo Guastini… Mancano solo Pasquale Diaferia, Gianni Lombardi, Mizio e Till Neuburg. Poi la lista di quelli che non si capisce quanti secoli fa hanno fatto l’ultimo (se lo hanno mai fatto) pezzo di comunicazione decente è completa (…)”.

Inutile aggiungere che anche in quel caso io ero assolutamente estraneo alla discussione: in quel frangente, come in molti altri, mi stavo facendo gli affaracci miei.

Ignorare le critiche è una cosa che mi viene spontanea. Da sempre. Se parlo del commento pubblicato da Diaferia è solo perché, nonostante le sue implicite intenzioni, sono lusingato da quello che ha scritto venerdì. Rispecchia una convinzione che si sta sviluppando in me da qualche mese: io e Massimo Guastini siamo, al momento, due fra i direttori creativi più rappresentativi in Italia. Lo so che a molti questo sembrerà un segno di decadenza, ma io lo interpreto piuttosto come un segno di cambiamento. E mi sembra pure logico, aggiungo io, dato che sono passati trent’anni.

Trent’anni fa i pubblicitari facevano un mestiere completamente diverso da quello che noi facciamo oggi. Vivevano in un ambiente amico e gradevole. Erano stimati e rispettati da tutti. Riuscivano a far valere la loro cultura e la loro intelligenza. Persone del calibro di Pirella, Barbella e D’Adda (solo per fare alcuni esempi) emergerebbero anche oggi, perché oltre all’intelligenza avevano una personalità forte e distintiva. Ma credetemi se vi dico che nel 2011 farebbero molta fatica a produrre la stessa qualità che riuscivano a esprimere allora. Chi oggi invece non ce la farebbe e, anzi, non ce la sta facendo affatto, sono gli epigoni di questi grandi pubblicitari. Sembra quasi che negli ultimi anni sia precipitato sulla terra un meteorite che sta decretando la loro scomparsa.

Rifletteteci un istante: quanti dinosauri sono spariti utlimamente? Controllate la lista dei direttori creativi delle più grandi agenzie italiane di 3 anni fa, poi guardate quella di oggi. Se volete fare un esercizio ancora più interessante riguardatevi queste liste fra 3 anni.

La chart che conclude ogni presentazione di ET dice: “non è l’elemento più forte di ogni specie che sopravvive, ma quello che dimostra la migliore capacità di adattamento”. E’ una cosa che io so, anche questa da sempre, ma che molte persone che lavorano oggi in pubblicità tendono a ignorare.  Lavorare in questo settore 30 anni fa significava adattarsi a un mondo accogliente, e quindi tirare fuori il meglio delle proprie capacità creative. Lavorarci oggi significa tirare fuori soprattutto gli attributi.

Sempre Badavenue, prima di Natale, ha pubblicato un intervento di Concato dal titolo “Non ci sono più i condottieri creativi”. Leggetelo: è interessante. Lo condivido in buona parte, trovo solo che Concato faccia riferimento a un’epoca e a modelli oggi superati. I condottieri creativi di una volta combattevano di fioretto sui bastioni dei castelli, potevano permettersi eleganza e nobiltà, mentre quelli di oggi devono saper scavare trincee e padroneggiare il più volgare corpo a corpo. Devo sacrificarsi ogni giorno per funzionare da modello, devono aver il coraggio di affrontare un nemico sempre più forte e numeroso, devono poter contare esclusivamente su loro stessi perché non arriveranno rinforzi da nessun network.

Quello che voglio dire è che i condottieri creativi non sono spariti del tutto, ma di certo sono molto più brutti e cattivi rispetto a 30 anni fa. Non è colpa di nessuno, è solo un segno dello scorrere del tempo. Per questo io e Guastini siamo stati citati in quel modo da Diaferia. Magari a lui sembrava di schernirci, invece ha fatto un parallelismo tutto sommato intelligente (grazie p piccola).

L’amicizia fra me è Massimo è basata su un’affinità di valori. Caratterialmente siamo agli antipodi, ma ci uniscono visioni, scelte e comportamenti. Siamo stati i primi a rinunciare all’impiego fisso in una grande agenzia (e forse tuttora gli unici, almeno di spontanea volontà) per dare vita ad avventure indipendenti (e se vogliamo ben vedere gli ET sono un modello di riferimento per tutte le strutture indipendenti che stanno nascendo oggi). Crediamo entrambi che sia più importante migliorare il lavoro giorno dopo giorno piuttosto che fare lavori di eccellenza solo in occasione di premi o di concorsi. Disprezziamo l’idea che gli uomini di azienda si sono fatti di noi creativi (degli stupidi immaturi) e combattiamo per cambiarne il loro punto di vista.

Lo so che questa amicizia risulta strana a molti, specie in un ambiente abituato da sempre a sentimenti facili come l’invidia. La verità è che siamo due lupi alfa che si stanno simpatici e che, soprattutto, hanno realizzato che prima di azzannarsi fra loro possono fare insieme razzia di polli.

I polli sono quelli che non hanno ancora capito che il mondo della pubblicità è cambiato. Completamente. Quelli che non si rendono conto che non ha più senso ragionare come una volta: che le grandi agenzie stanno agonizzando e che si riempiranno sempre di più di creativi di complemento. I polli sono quelli che credono che ragionare in termini di sangue blu valga ancora qualcosa. Quelli che pensano che sia possibile mantenere strutture indipendenti (e pagare con regolarità tutti gli stipendi) senza produrre lavoro di qualità, senza vincere gare con incredibile costanza e senza godere di una reputazione che va oltre la circoscritta e ottusa comunità dei creativi.

Io adoro i polli: stanno facendo la mia fortuna e quella degli ET.

Mi auguro però che nel 2011 escano fuori tanti altri lupi alfa, così da poter fare branco e andare a cacciare insieme qualcosa di più ambizioso.

Comments (4)

  1. Stavolta, Mizio, mi trovo d’accordissimo con te. Grazie, il tuo post mi ha incoraggiato più di quanto tu possa pensare. 

  2. […] ma sento il bisogno estremo di ringraziare Pasquale Diaferia. Per aver scatenato quel che ha scatenato. Perché lo “spoof art director“, nella sua follia, è davvero il titolo più bello a […]

  3. Paolo Pedrazzini

    Ben detto, ben scritto.

  4. Anonymous

    Diaferia? Prova a cercare un suo recente lavoro sulle porte FB4 (non FaceBook4 ndr), dal tuo rivenditore di porte preferito, vedrai che ti cascheranno le palle e improvvisamente tutto quello che dirà avrà un altro peso. E poi dicono che i freelance rubano il lavoro alle agenzie … mha?!

    Gianni

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