Sono stati vent’anni terribili.

Enfants Terribles è un’agenzia di comunicazione che conta quindici dipendenti e un fatturato annuo di un milione e mezzo di euro. I suoi clienti principali sono: Procter&Gamble, Deutsche Bank, illy, Edison.

Enfants Terribles oggi è un’agenzia di comunicazione, ma ieri era un’altra cosa.
E l’altro ieri era un’altra cosa ancora.

Nel 1996, ad esempio, Enfants Terribles era il nome di una società che due freelance avevano aperto insieme. I due freelance eravamo io e Riccardo Quartesan, ma dentro le agenzie di pubblicità eravamo conosciuti come “i ragazzi”.

“Chiama i ragazzi” era il consiglio che si sentiva sussurrare nei corridoi d’agenzia quando i progress tracimavano, oppure quando c’erano da sviluppare campagne particolarmente complesse. Alla fine degli anni novanta “Chiama i ragazzi” era diventato così popolare che abbiamo prodotto cartoni da pizza per consegnare i layout ed evadere tutto il lavoro che avevamo.

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Erano gli anni in cui ci rappresentavamo con strisce e fumetti.

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Fino al 1999 il lavoro è cresciuto in maniera esponenziale, tanto che siamo stati costretti ad assumere altri “ragazzi”. Da allora abbiamo cominciato a definirci come “il primo gruppo creativo indipendente”.

Dopo il 2001 le cose sono cambiate. A essere sinceri siamo stati aiutati dal destino: Swatch ci ha assegnato il budget in attesa di definire la scelta di un’agenzia internazionale. “Se lavoriamo per Swatch, perché non possiamo lavorare anche per gli altri clienti direttamente?” ci siamo domandati. E così abbiamo smesso di produrre creatività in outsourcing per le migliori agenzie pubblicitarie italiane.

Nel giro di un paio d’anni siamo riusciti a cambiare tutti i nostri clienti: se nel 1999 il fatturato di Enfants Terribles aveva un rapporto di 80/20 tra lavori per le agenzie e lavori per le aziende, nel 2001 questo rapporto si era totalmente ribaltato. Avevamo smesso di essere fornitori di creatività ed eravamo diventati produttori diretti di idee. Tanto diretti che poi abbiamo realizzato uno zerbino con la scritta account e ci siamo definiti “la prima agenzia senza account”.

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Chiamatela irrequietezza, oppure voglia di continuare ad evolversi, ma i cambiamenti non si sono fermati lì. Nel 2004 abbiamo sentito l’urgenza di dare più solidità alle nostre idee e abbiamo fatto entrare in società uno strategic planner: Valerio Franco.

Poi ci siamo innamorati di una nuova forma di comunicazione, quella non convenzionale. Siamo stati i primi in Italia a realizzare un ambient, i primi a organizzare un flashmob, i primi a lanciare uno stunt.
I primi in Italia a ideare un viral che ha fatto il giro del mondo: savetheaccount.org.

Ma soffermiamoci sul viral.
Dopo il successo di savetheaccount.org abbiamo lanciato un secondo brand: ebolaindustries.

ebolaindustries è stato all’inizio un sito che raccoglieva i migliori viral al mondo, poi è stata la rappresentante italiana di GoViral per il seeding, infine un’agenzia creativa che ha ideato e prodotto viral per le più grandi multinazionali. Oggi è un’app che raccoglie le migliori case histories di comunicazione e che è possibile scaricare sia su iTunes Store sia su Google Play. Si chiama ebolaind.

A partire dal 2010 abbiamo iniziato a strutturarci per affrontare i cambiamenti che i tempi e i loro nuovi clienti esigevano.
Dopo tanti anni di anarchia creativa abbiamo aperto le porte ai project manager.

Nel 2015, e cioè l’anno scorso, è partita l’ultima sfida (in senso cronologico).
Enfants Terribles ha lanciato una digital agency, Hallelujah, per affrontare le sfide di comunicazione del futuro.

Hallelujah è finanziata da Enfants Terribles e da due banche: Unicredit e Deutsche Bank.
Ha un capitale sociale di 100.000 euro, interamente versato, e un business plan da quasi un milione di euro in 3 anni.

Mica bruscolini, vero?

Ma arriviamo a oggi, al 29 febbraio 2016.
Dal 29 febbraio 1996, anno in cui gli Enfants Terribles sono partiti, sono passati vent’anni.

Vent’anni.

Vent’anni in cui abbiamo vinto più di 50 pitch creativi e lavorato per più di 100 clienti (questa è la lista, se avete voglia di leggerla: Aci, Adidas, Aia, Atlas Copco, Audi, Avio, AZ, Baci Perugina, Bain, Banca Profilo, BancoPosta, Barilla, Bassetti, Bastard, Berlucchi, Bialetti, Bistefani, Blue Bay, Bosch elettrodomestici, Buondì, Café Voyage, Caffè Hag, Calvin Klein, Chinò, Ciocorì, Clear Blue, Compaq, Compass, Deborah, Deutsche Bank, Digital Computer, Emporio Armani Watches, Federazione Italiana Alzheimer, Fina, Finanza & Futuro Banca, Folletto Vorwerk, Fossil, Garelli, Gillette, Girella, Goodyear, Hamilton, Herbal Essence, Ikea, illy, Il Giornale, Infojobs, Issimo, Junior Tv, Kellog’s, Lurisia, Magnesia Bisurata Aromatic, Mastrotech, Match Point, Medimax, Metamucil, Microsoft, Mido, Mila, Missoni, Momo, MTech, Nastro Azzurro, Nike, Nokia, Oral-B, Oxydo, Panasonic, Pantene, Peroni, Prestitempo, Pringles, Procter&Gamble, Pupa, Ringo, RoC, RTL 102.5, Safilo, San Carlo, Schroeders, Scoparello, Sky, Sisal, Seiko, Sony, Star, Swatch, Siemens elettrodomestici, Simmenthal, Stabilo, Tenderly, Tennent’s Super, Terme di S. Andrea, Tezenis, Tissot, Universal Music, Ventura Travel, Volkswagen, The Bridge, Universal Music, Veratour, Vibovit, Vicks, Vorwerk International, Wella, Winga, Zancan, Zodiac).

Vent’anni che in quanto a ere di comunicazione possiamo paragonarle a due secoli.

Da allora infatti non esistono più i lettori u-matic per vedere le reel dei registi, non esistono più i lucidi per le presentazioni, non esistono più vecchi strumenti come la reprocamera, i trasferibili e la colla cow. Non esistono più supporti magnetici d’archiviazione come lo zip, il floppy disk e il cd-rom. Non esistono più le belle videocassette di Shots, non esistono più le macchine da presa 35 mm né tantomeno la pellicola. Non esistono più i reparti media interni, non esistono più software come Flash o Xpress, non esistono più agenzie che sembravano immortali.

Ma gli Enfants Terribles esistono ancora.
E probabilmente esisteremo finché saremo capaci di conservare la nostra innata capacità di evolvere.

Vent’anni.

Che altro aggiungere oltre a tutto questo?

Forse una cosa sola: ho sempre invidiato la sicurezza di chi, in questi casi, afferma che rifarebbe tutto daccapo, allo stesso identico modo.

Io no.

Sarebbe troppo faticoso, e poi perché dovrei ripeterlo se in fin dei conti l’ho già fatto?
Però sono orgoglioso di averli fatti questi vent’anni terribili.

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